26 aprile 2012

E quando ho paura, la mia voce sono i fiori.

Trovo necessario ri-scrivere poche righe del libro che ho appena finito. Perchè è bello. Perchè è vero.

Rimasi così, con la testa appoggiata al muro e l'acqua che mi tamburellava sulla schiena finchè diventò fredda.
Fuori dalla doccia cominciai a imprecare con voce bassa e rabbiosa, tremando e gocciolando. Odiavo il bambino. Tutte le madri dovevano provare un rancore segreto per quell'inaccettabile sofferenza. In quel momento capii persino mia madre, come se l'avessi appena conosciuta. Mi immaginai che fosse uscita di soppiatto dall'ospedale, sola e con il corpo spezzato, abbandonando la sua bambina in fasce, avuta in cambio del suo corpo una volta perfetto, della sua esistenza una volta priva di sofferenza. Il dolore e il sacrificio del parto erano imperdonabili: non avevo meritato di essere perdonata. Mi guardai allo specchio  cercando di immaginare la faccia di mia madre. [...]
Senza che l'avessi sentita entrare, mi accorsi che mamma Ruby era lì con me e mi stava spogliando. percepivo le sue mani dappertutto, dentro e fuori il mio corpo, ma non mi importava. Avrebbe fatto nascere il bambino. Ero pronta a qualsiasi cosa dovesse fare. Se avesse estratto un coltello per aprirmi la pancia, non avrei distolto lo sguardo.
mi sorresse la testa tenendomi un bicchiere di carta con una cannuccia all'altezza delle labbra. Sorseggiai il liquido fresco e dolce e lei mi asciugò gli angoli della bocca con un panno.
"Ti prego", supplicai. "Ti prego. Fai qualcosa, qualsiasi cosa, basta che lo tiri fuori."
"Lo stai facendo tu", disse lei. "Solo tu puoi far nascere il bambino."
La stanza blu era in fiamme. L'acqua non prende fuoco, eppure ero lì che annegavo e bruciavo contemporaneamente. Non riuscivo a respirare, non vedevo: non c'era più aria e nessuna via d'uscita.
"Ti prego", ripetei con voce rotta.
Mamma Ruby era accovacciata con gli occhi all'altezza dei miei, la sua fronte contro la mia. prese le mie braccia e le avvolse intorno alle sue spalle per farmi accovacciare come lei, bassa sul pavimento, e rimase in ascolto.
"Il bambino sta scendendo", annunciò. "Lo stai facendo nascere. Solo tu puoi farlo."
Solo in quel momento capii cosa mi stava dicendo. Cominciai a piangere, un pianto pentito e disperato: questa volta non avevo scampo. Non potevo voltare le spalle e andarmene senza accettare le conseguenze di quello che avevo fatto. C'era solo un modo per uscirne, e passava attraverso il dolore.
Alla fine il mio corpo si arrese. Smisi di lottare e il bambino iniziò a scendere - lento e lacerante - nel canale del parto e nelle braccia pronte e accoglienti di mamma Ruby.

     Vanessa Diffenbaugh




7 aprile 2012

Domenica

"E tu dormi, dormi e sogna tempi migliori per l'altra gente. Ma tu dormi, dormi e sogna sonni migliori per te." E.M.


Prendo spunto da questo pezzo di canzone... Qualcosa di migliore si può sempre sognare. Trovare una scusa per sentirsi sollevati, una bugia... e sapere che stiamo DORMENDO.