29 settembre 2010

Danza la Vita


Ho trovato lavoro, ed è una gran bella notizia.
Inizio lunedì e questa doveva essere la mia settimana...
Mi ero scritta su un foglio tutto quello che avrei voluto fare: dedicare il tempo giusto allo studio, scrivere, passare un po' di tempo con i miei amici, sfruttare la mattina per finire i lavoretti iniziati, riposarmi, godermi il triduo di S. Francesco...
Ieri è arrivata l'influenza, una brutta influenza che non mi ha permesso di studiare, di riposarmi, di uscire.
L'ultima settimana prima di cominciare a lavorare la passo a letto con la nausea.
Mi sarei potuta incavolare, avrei potuto imbottirmi di medicine per cercare di rispettare, almeno in parte, i miei progetti. Ma la verità è che mi sono ammalata.
Tutto questo per dire una semplice cosa: io ho pensato a organizzare la mia vita in questa settimana e la vita mi ha "offerto" un'altra possibilità. Quella di confrontarmi con la mia rabbia, con un imprevisto, col mio limite, con qualcosa che io non avevo programmato ma che adesso non posso proprio ignorare. E io ho seguito la mia vita...
Già sono al letto, mal di pancia, mal di testa, solitudine... che senso avrebbe arrabbiarsi? Ribellarsi a ciò che sta succedendo?
E' evidente che ho bisogno di un riposo diverso da quello che pensavo. Diverso...
Mi vorrei soffermare sull'evidenza della realtà. Fino a che non si ha una temperatura più alta del normale, non si vomita e non si hanno dolori ci si può dire che si sta bene anche se il virus è già entrato nel corpo. Ma quando si manifestano chiaramente i sintomi non si può più mentire. La realtà è evidente e negarla significa voler vivere senza ascoltare la propria vita.
La tua vita sei tu, la tua vita è il tuo percorso reale e non immaginato, danzare la vita significa percorrerla delicatamente e con flessibilità adeguando un'idea alla sua effettiva coreografia.
Negli ultimi mesi ho riflettuto molto su questo perchè sono stata in contatto con persone che antepongono alla realtà una loro fissazione, una loro idea che però non è in armonia con ciò che risulta evidente, quindi più reale di un pensiero.
E' vero ed è giusto però che io parli di me perchè posso conoscere fino in fondo ciò che sta dietro alle mie di scelte.
Un paio di giorni fa la lettura di Giobbe parlava così: "Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!".
In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.
Sono rimasta particolarmente colpita.
Ho passato l'ultimo anno a interrogarmi sul perchè di una scelta, a incazzarmi per essere stata derubata di tutto, a voler cambiare ostinatamente i passi di danza preparati apposta per me, a incolpare gli altri per un'ingiustizia subìta. Io che ho sempre avuto il pallino delle cose giuste... Ho capito che quando si vive un'ingiustizia è bene arrabbiarsi ma è meglio non fermarsi lì.
La verità è che il mio approccio a questa vita, la mia, stava diventando possessivo e nel momento in cui mi è stato tolto l'oggetto di quella che credevo fosse la mia felicità ho fatto di tutto per riprendermelo, senza vedere l'EVIDENZA della situazione. Non sono stata capace di accogliere, come Giobbe, un cambiamento, una perdita, un dolore guardando più in là e muovendo i passi che la vita in quel momento mi chiedeva per il mio bene.
Anche ora che mi sono negate delle possibilità da chi ha scelto di ballare una samba piuttosto che un valzer, per il quale è nato, io so che in questa nuova situazione non prevista posso reinventare il mio presente alla luce della realtà, proprio come ho fatto in questa settimana.
Per il resto, se hai scarpette adatte a un valzer e ti lìmiti scendendo in pista con una samba prima o poi ti accorgerai che le scarpe non sono adatte e le hai volute adeguare a una danza che non è la tua...
Io riparto da qui, da me, dal mio presente, dalla mia realtà, dalla mia musica.
Rientro in me, senza più rabbia.
Danzo la vita che m'è donata godendo dei passi fatti e attendendo quelli da imparare...

m.


















23 settembre 2010

Nutrimento



Negli ultimi mesi sono stata bersagliata di domande sulle mie (dis-)abitudini alimentari.
Perdere 20 chili non significa soltanto cambiare aspetto, non comporta soltanto rifarsi un guardaroba (o nel mio caso ritirare fuori cose di 5 anni prima).
Perdere 20 chili significa mettere davanti agli occhi di tutti un'evidente trasformazione della persona. Che lo si faccia volontariamente o meno.
Io sono il mio corpo.
Quello che c'è dietro nessuno in fondo lo sa: intolleranza? allergia? stress? sofferenza? malattia? tiroide? sport? metabolismo? shock? necessità di attenzione? necessità di adeguare la forma al contenuto?
E' possibile che ci sia un po' di tutto questo perchè in fondo ciò che si vive si esprime attraverso il corpo.
E quando ero 'in carne' nessuno si era mai preoccupato tanto. Nonostante questo penso che il nutrimento sia un fatto di stile di vita.
Tirando via dal discorso le malattie del caso (non avendo gli strumenti, le conoscenze adeguate e il tatto per parlarne) credo che il modo di nutrirsi rispecchi l'approccio che ognuno ha con la propria vita.
Io detesto il pomodoro, il mio corpo lo rifiuta a tal punto da non poter sopportare neanche più l'odore. Il pomodoro mi rinfaccia la mia lentezza nel mangiare. Io per nutrirmi ho bisogno di tempo, per capire ho bisogno di tempo, per fidarmi e arricchirmi di qualcuno ho bisogno di tempo. E mi si impone la fretta, mi si chiede di stare nel tempo degli altri.
Io detesto mangiare fino a scoppiare di sazietà. Trovo che non sia utile. A me serve quel tanto di cibo che mi permette di stare in piedi. A questo punto o vomito e mi sento male quindi non godo della bontà di quello che ho mangiato oppure aspetto di digerire e ciò che al corpo non serve viene buttato, quindi sprecato.
Io credo di conoscermi, so quando posso mangiare con gusto, quando ho fame di cose sostanziose, quando ho voglia di schifezze, quando faccio fatica a digerire un bicchiere d'acqua...
Perchè forzarmi?
Perchè dirmi: "Non ti stai nutrendo bene"?
Io so quello che mangio, so dove cerco il nutrimento ed è possibile che io mi accontenti di bucce di mela invece di cercare pane e prosciutto, ma ho il diritto di imparare la mia dieta sbagliando da sola...
E' normale che, come in tutto, il 'giusto' sta nel mezzo. L'equilibrio, quello che si cerca quando ci si guarda allo specchio. La distanza tra chi sei e chi vuoi essere, una molla. Come si impara a scegliere un si dicendo un no, a percorrere una strada sacrificandone altre cento, a mettere un freno all'avidità, all'egoismo e al desiderio di possesso... così ci si pone anche davanti al cibo.
Nutrirsi non significa abbuffarsi, di che poi?
Era evidente che non ero felice...
Ognuno ha la sua dieta che non è uguale per tutti. Ognuno sa come vuole vivere.
Basta guardarsi allo specchio e farsi una domanda.
Domani mattina mi pentirò di questo post. La mattina sono eccessivamente inibita e paurosa.

m.




17 settembre 2010

A new day has come

E così dopo questa estate, che non definirei riposante, ricomincio le mie attività...
Oggi si parte con la fraternità! Ho intenzione di godermi i fratelli per quest'ultimo anno.
Ieri ho ripreso anche il corso di counseling e devo dire che l'ansia iniziale si è subito eclissata quando abbiamo cominciato a lavorare. Chissà come finirà quest'avventura!
In più ho già fatto qualche riunione (ma ho mai smesso?!) e mi sembra di capire che anche questo sarà un anno più che intenso. Ma qualsiasi cosa mi strappi alla noia è ben accetta!
Il frutto di questa estate è senza dubbio la consapevolezza. Questa volta è gelida e dura... ma ho imparato a guardare in faccia la realtà a prescindere da come me la incartino e me la presentino gli altri. E la realtà è davvero tosta per me ma meglio averlo saputo prima di continuare a far cazzate!
Io...
Io ho riscoperto la mia dignità.
Non vi fate mai accompagnare da un cieco lungo la strada... Se siete ciechi anche voi, andate a sbattere da soli!
Il giorno che è giunto mi ha svegliato e il sole sulla pelle mi ha assicurato che non mi lascerà in balia di un'altra notte fredda.
Con questo dico addio al passato. Addio, senza appelli. Addio, crudo come la realtà.
Addio.

m.

10 settembre 2010

My Sweet Ireland



Io amo l'Irlanda. Non ci sono mai stata ma ne sento nostalgia.

La amo per il verde.




Per i portoni colorati.




Per l'Irish Pub, quello vero.




La amo per le strade di Cork.




Per la Guinness.




Per le Cattedrali gotiche.




Per le Cliffs of Moher.




E per il cielo incerto. Grigio, nuvoloso, basso, sereno.




Amo lo humor irlandese.
"Essere irlandese mi garantisce quel costante senso tragico, che mi sostiene nelle rare parentesi di gioia." W. B. Yeats, poeta.




Amo gli artisti irlandesi.
"I veri amici ti pugnalano dritto in fronte." Oscar Wilde, autore.




Dell'Irlanda amo la musica celtica, quella folk, il violino...





...e l'arpa.




Amo Glen Hansard & Marketa Irglova.




E amo l'Irish Coffee.




Mi piacerebbe ascoltare il rumore del fiume Shannon.




E correre per i boschi incantati. Che amo.




L'Irlanda per me è più che un sogno. Non vedo l'ora di toccare questa terra.

m.