Poco fa mi hanno insegnato un approccio diverso, che sovverte quello che è stato ed è il mio orientamento, da sempre. Se vado un po' indietro dalla mia posizione di oggi posso capire anche io che non era difficile intuirlo ma, sicuramente, doloroso perchè ha a che fare con la responsabilità (quella cosa da cui più o meno qualsiasi essere umano potrebbe essere terrorizzato). Il fine è sempre lo stesso ossia quella spinta ad essere per gli altri... che non può prescindere dall'essere per te stesso. Un confine tra me e te è qualcosa che ci può isolare, e questo spaventa. M'è stata offerta una prospettiva più sincera, meno egoista e violenta: la custodia. E' necessario avere un luogo, fisico, in cui riporre se stessi, le proprie cose, gli stati d'animo, in cui semplicemente fuggire se lo si vuole senza dover ricattare nessuno.
Una rivoluzione... Una chiave per un "portaoggetti" che apre invece di chiudere. Un concetto che fatica ad occupare uno spazio nella mia testa ma che percepisco come vero.
Senza la mia esperienza oggi non sarei quella che sono; senza questa scoperta non potrei godermi ciò che gli altri sono per me.
Niente di quello che abbiamo imparato è da buttare o è cattivo in sè perchè alla fine ci porta sempre lì dove ci fa bene andare oggi...
m.
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