Siccome domani mattina non lavoro ho lasciato il passo all'insonnia, perchè volevo rigirarmi in alcuni pensieri... Questo blog è triste; non riesco a renderlo piacevole nell'aspetto nonostante negli ultimi tempi io mi occupi molto della "confezione" delle cose. Non mi riesce di abbellirlo, personalizzarlo sebbene passi molto più tempo a tentare di farlo piuttosto che a scriverci.
Ricomincia la storia: la settimana scorsa ho iniziato a leggere il terzo libro della stagione, ma i due precedenti ancora non li ho finiti. Quest'ansia di terminare le cose... inversamente proporzionale all'ansia di accumularne altre per cambiare in continuazione. Per fermarsi su un esperienza il tempo sufficiente a non legarsi troppo e ad avere poi dei vincoli.
Stamattina ho visto due cose che mi hanno scioccato: una donna in macchina, finestrini abbassati, che andava in giro con una magliettina di cotone senza maniche (!!!) e occhiali da sole e poi un viso e un corpo scavati, la paura e il dubbio negli occhi. Alla prima persona vorrei dire: copriti! Li sento soltanto io i 3 gradi di una Roma umida alle 8 di mattina?! I tuoi vestiti non sono adeguati alla situazione... Alla seconda: io ti capisco, quel corpo "vuoto" esprime solo la metà di ciò che contiene ma se il tuo dubbio è lo stesso che un tempo assaliva me, puoi consolarti con questa certezza, nessuno può determinarti perchè il tuo valore esiste prima di tutto.
Adeguatezza e certezza... mai termini furono più lontani dalla natura umana, anzi, dalla psicologia femminile...
Ma tornando alla mia insonnia, il Natale mi ha ricordato che ho delle persone a cui fare i regali.
Regali - Soldi - Stress - Tempo che vola - Ansia - Niente idee - Agitazione - Bandiera bianca.
Ovviamente questo ha poco a che fare con il Natale e con le persone a cui voglio bene, riguarda però da vicino la pesantezza di tutto ciò che è comandato, prestabilito, dovuto, quindi riguarda la mia ansia! Se ho fatto regali è perchè ho voluto farli e, tra l'altro, sono dichiaratamente una manifestazione di affetto perchè realizzati da me con pochi soldi e molta dedizione.
Mi sento molto Henry [del libro della Niffeneger, quello l'ho finito] che ogni mattina si alza, si infila una tuta e si esercita a correre, sempre più veloce. Gli serve per sopravvivere, gli servirà in tutti quegli involontari viaggi nel tempo che lo obbligano ad adattarsi sempre e in ogni dove. Henry è il mio alter ego, è quella persona che riflette la mia necessità di trovarmi, nel mare dei doveri, un'attività per non "morire" tra un distacco (involontario) e l'altro dalle cose della vita. Solo che io ogni tanto mi fermo, per mancanza di fiato o per qualche acciacco prematuro e vedo che posso fare a meno degli obblighi a discapito della stima di qualcuno. I legami hanno un prezzo, come molti sostengono. O forse no?
Di sicuro fare una scelta significa escludere, a favore di una, centomila possibilità. E' questo il prezzo, la sconvenienza di un'enorme perdita?
Quello che da sempre chiami amore potrebbe non esserlo. Potrebbero essere cinque lettere che qualcuno ha confuso, per analfabetismo, con un altro nome. Quel qualcuno non ha colpe perchè non ha avuto maestri.
L'amore è perdita e la vita lo insegna inequivocabilmente.
m.
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